Nastri d’Argento, ecco tutti tutti i vincitori dell’edizione 2021 dedicata a Cecilia Mangini, tra questi Mi chiamo Francesco Totti di Alex Infascelli
Mi chiamo Francesco Totti di Alex Infascelli è il Nastro d’Argento 2021 per il Cinema del reale, The Rossellinis di Alessandro Rossellini, ritratto di una famiglia allargata decisamente speciale, il miglior documentario sul cinema. Assegnato anche il Premio per la docufiction a Il caso Braibanti di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese segnalando anche con una menzione speciale La verità su La dolce vita di Giuseppe Pedersoli.
Nastri d’Argento 2021 i documentari premiati
Significativi i premi con i quali il Direttivo Nazionale del Sngci, ha deciso di sottolineare l’importanza del ‘cinema del reale’ in un’edizione dedicata quest’anno alla memoria di Cecilia Mangini, per cui parla ancora una volta il suo straordinario lavoro nell’ ultimo documentario – in ‘cinquina’ – realizzato con Paolo Pisanelli.
Il Direttivo del Sindacato ha voluto inoltre sottolineare la qualità e l’importanza di due titoli, fuori selezione, nati per lo schermo televisivo: SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano di Cosima Spender, serie originale Netflix realizzata da un gruppo produttivo e creativo composto, con la regista, da Gianluca Neri, Valerio Bonelli, Andrea Romeo, Nicola Allieta, Christine Reinhold, Carlo Gabardini, Paolo Bernardelli e Edizione Straordinaria di Walter Veltroni, proposto da Rai Cultura con il materiale di Rai Teche. Due opere che rappresentano un valore aggiunto al miglior giornalismo d’inchiesta come a quello televisivo: percorsi della memoria con cui si può rileggere – nel racconto di una stagione controversa come nelle ‘aperture’ sulla grande cronaca nazionale – la Storia del Paese. Il Sngci lancia, inoltre, da quest’anno, segnalando Punta Sacra di Francesca Mazzoleni – viaggio d’autore alla foce del Tevere dove ancora è vivo il ricordo di Pier Paolo Pasolini – la prima edizione del Premio Valentina Pedicini che nasce per valorizzare sempre di più nel cinema del reale, lo sguardo di una nuova generazione di autrici e autori, in collaborazione con la Sede di Palermo dedicata al Documentario del Centro Sperimentale di Cinematografia diretta da Costanza Quatriglio.
Ai Nastri d’Argento viene premiato il cinema del reale
Tornando ai vincitori dei Nastri Mi chiamo Francesco Totti di Alex Infascelli è prodotto da The Apartment e Wildside, entrambe del gruppo Fremantle, con Capri Entertainment e Fremantle, con Vision Distribution e Rai Cinema in collaborazione con Sky e Amazon Prime Video. Distribuito in Italia da Vision e all’estero da Vision e NBC Universal, il film riceve nel palmarès dei Nastri anche il Premio per il protagonista dell’anno, ovviamente Francesco Totti che ha messo in campo, oltre il pallone, la sua immagine, la sua vicenda umana e professionale e le sue emozioni più intime.
Entra invece nella storia di un vero e proprio ‘clan’ familiare che non si è mai raccontato con tanta sincerità, The Rossellinis diretto da Alessandro Rossellini che del grande regista è nipote. I protagonisti, insieme ad Alessandro sono – con le loro confidenze inedite – Isabella, Renzo, Robin, Ingrid, Gil, Nur, ovviamente il grande Roberto. Alessandro, che ha avuto al suo fianco come co-regista Lorenzo D’amico De Carvalho, presenta il film come il racconto e “l’iperbole di una famiglia affascinante, appassionata ed anche bugiarda” E dice: ”L’arte di narrarsi al meglio è forse l’unico pezzetto di genio creativo che abbiamo ereditato da nonno Roberto”. Ecco perché The Rossellinis è il suo personale tentativo di restituire “un’immagine sincera di una grande, amata e complicata famiglia”.
Il caso Braibanti, che i Nastri premiano per la docufiction è, infine, un film importante e necessario perché attraverso il lavoro di ricostruzione tra molte testimonianze – da Piergiorgio Bellocchio a Dacia Maraini, da Lou Castel a Maria Monti nonché quella del nipote di Braibanti – offre l’occasione di ripercorrere una vicenda processuale che, per un reato codificato dal Codice Rocco dell’era fascista (poi cancellato dalla Corte Costituzionale nel 1981) fu di fatto un processo all’omosessualità.
Nel complesso un palmarès, quest’anno, particolarmente ricco di temi, storie e personaggi che non ha dimenticato l’attualità in un’annata difficile, siglata da interessanti testimonianze sul lockdown come dalla musica (gli Extraliscio di Elisabetta Sgarbi), dall’arte (Pino, su Pascali, di Walter Fasano) o dalla memoria anche privata di Molecole, che ha inaugurato l’ultima Mostra di Venezia. E anche un’incursione nella vita e nei pensieri più intimi che riguardano il corpo o l’esperienza della malattia vissuta nel lockdown (come testimoniano gli italiani che racconta Gabriele Salvatores e svela con coraggio Elisa Fuksas nel suo iSola) ma anche il vissuto nelle tragedie italiane dei terremoti (con un esordio alla regia di Alessandro Preziosi).
I Nastri d’Argento ricordano che tra i titoli finalisti è stata ancora una volta grande protagonista la memoria del cinema con il fascino di Alida Valli (Alida di cent’anni in questi giorni, e l’immenso patrimonio felliniano, nel centenario della nascita, con l’originalissimo Fellini degli spiriti di Anselma Dell’Olio. Tra le storie che ha raccontato la selezione delle Docufiction finaliste anche il viaggio di Nella Condorelli ne La storia vergognosa, racconto di lotta contro antiche vessazioni nella memoria della Sicilia contadina. Dalla Storia alla politica, infine, il ritratto, mai tanto attuale, di una donna speciale come Nilde Iotti, attraverso un film siglato anche da un reading dei suoi discorsi affidato alla voce e all’immagine di Paola Cortellesi.
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